Con l’epidemia di Covid-19 ancora in atto in varie parti del mondo l’utilizzo delle mascherine è, e sarà ancora per lungo tempo, indispensabile.
E’ chiaro, quindi, che dovremo fare delle scorte di mascherine.
Per evitare di comprarne quantità industriali, è opportuno ridurne il consumo.
Sterilizzare le mascherine può farci risparmiare qualche soldo, se utilizziamo uno sterilizzatore luce UV, ci consente di utilizzare la stessa apparecchiatura anche per sanificare anche altri oggetti.
E’ opportuno però fare dei distinguo, a seconda delle mascherine utilizzate.
Le mascherine in tessuto
Le mascherine fatte in tessuto (cotone o TNT, il più delle volte) si possono lavare in lavatrice usando semplice acqua calda (usando un programma di almeno 60 gradi). Prima di riutilizzarle è indispensabile farle asciugare bene stendendole possibilmente al sole, non stirarle. Si possono riutilizzare più volte (i produttori di solito suggeriscono fino a 10), purchè non siano danneggiate, strappate o infeltrite.
Se vengono usate per breve tempo si possono anche lavare dopo 3-4 utilizzi. Diversamente, se le si indossano al lavoro per 8 o più ore, è opportuno sterilizzarle ogni sera.
Le mascherine chirurgiche
Dovrebbe essere solo monouso.
Esistono però dei metodi per estenderne la vita per un altro paio di utilizzi :
- Pulirle con uno spray disinfettante idroalcoolico con alcool almeno al 70% e farle asciugare perfettamente all’aria. Lo svantaggio è che la capacità filtrante, si affievolisce ancora di più.
- Tenere la mascherina sopra ad una pentola in ebollizione per almeno 10 minuti. Metodo pericoloso se non si fa estrema attenzione al vapore.
- Lasciare la mascherina all’aria aperta per qualche giorno. In questo modo il virus non sopravvive perché non trova alcun organismo umano in cui potersi replicare.
- Usare uno sterilizzatore alla luce UV.
Le mascherine FFP2/3 o KN95
Anche per queste mascherine la riutilizzabilità sta nel disinfettarle in modo che possano conservare la capacità filtrante e aderire bene al volto.
Niente vapore o lavaggio, ok allo spray disinfettante e all’utilizzo dei raggi ultravioletti.
Cosa sono i raggi UV?
La luce ultravioletta è un tipo di radiazione elettromagnetica con una lunghezza d’onda inferiore alla luce che l’occhio umano riesce a percepire, e quindi non è visibile per la maggior parte degli esseri umani.
Anche se non possiamo vedere I raggi UV, di certo ne sentiamo i loro effetti. La luce ultravioletta generata dal sole, ad esempio, è quella che ci fa abbronzare (ma è anche in grado di provocare tumori alla pelle).
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i raggi ultravioletti ricadono in tre categorie:
UV-A: sono i raggi più deboli, in pratica il 95% della luce ultravioletta mandata dal sole sulla Terra. Riesce a penetrare profondamente nei vari strati della pelle, contribuendo non solo alla formazione dell’abbronzatura, ma anche all’invecchiamento della pelle stessa, alla comparsa di rughe e in casi estremi ai tumori della pelle.
UV-B: Questo tipo di luce ultravioletta è in grado di permeare gli strati superficiali della pelle, ed è responsabile per l’abbronzatura (e per le ustioni), e dà un grosso contributo all’invecchiamento e, anche qui, ai tumori della pelle. La maggior parte dei raggi UV-B viene assorbita dallo strato di ozono della Terra, e quindi costituisce appena il 5% dei raggi solari che raggiungono il nostro pianeta.
UV-C: E’ la luce ultravioletta che genera più energia in assoluto, ed è quella che può fare maggiori danni. Fortunatamente, lo strato di ozono e l’atmosfera la assorbono completamente.
Le lampade UV-C usate nei dispositivi per la disinfezione in ambiente medico hanno una particolare forma d’onda.
I raggi UV come possono disinfettare gli oggetti?
Lo possono fare perché la luce ultravioletta è in grado di penetrare nelle cellule degli agenti patogeni e danneggiarne il DNA o l’RNA contenente il codice genetico. Inoltre, esistono delle prove che i raggi UV possano danneggiare gli aminoacidi e le proteine che proteggono il virus oppure che gli permettono di attaccarsi ed infettare una cellula ospite.
L’impiego dei raggi UV per la disinfezione risale a più di un secolo fa. Oggi esistono dei dispositivi di tutte le forme e dimensioni.
Una ricerca effettuata dall’americano National Institutes for Health ha messo a confronto quattro metodi per decontaminare le mascherine N95/FFP2:
1) raggi UV-C (260-285 nm)
2) vapore secco a 70 gradi
3) spray di etanolo al 70%
4) VHP (perossido di idrogeno vaporizzato).
Tutti e quattro i metodi hanno eliminato, in tempi variabili, il virus SARS-CoV-2 (alias Covid-19) dai campioni di tessuto presi in esame.
I ricercatori hanno scoperto che le maschere decontaminate con lo spray avevano perso la loro efficacia, e quindi ne sconsigliavano l’utilizzo. Dove si è usato il vapore a 70 gradi, le maschere si sono potute riutilizzare altre due volte.
Quelle decontaminate con i raggi UV-C e col VHP, invece, si sono potute usare fino a tre volte. E’ da tener presente che le mascherine sono state sottoposte ai raggi UV-C sono state appiattite e girate durante la procedura (dato che i raggi UV-C agiscono sulle superfici piane).
Quali sterilizzatori UV-C si dovrebbero acquistare?
Sul mercato esiste una offerta abbastanza ampia. La scelta migliore potrebbe ricadere sugli sterilizzatori a forma di box chiuso che abbiano dimensioni tali da racchiudere una mascherina stesa. Questi sterilizzatori sono validissimi anche per sanificare qualsiasi piccolo oggetto come chiavi, smartphone, biberon, giocattoli e tutti gli altri oggetti di uso quotidiano.
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